quando stanotte ho aperto gli occhi la casa era ancora avvolta in quel buio che appartiene solo alle ore più lontane, quello che avvolge tutto e lo nasconde – senza che tu riesca mai a capire che ore possano essere.
la prima cosa che ho pensato è stata perché ho ingurgitato tutto quel sushi ieri sera, la seconda cosa ci faccio sveglia a quest’ora, la terza se non bevo un bicchiere d’acqua non riacquisterò mai più l’uso della lingua, la quarta ed ultima perché ho sognato che serena van der woodsen apriva il guardaroba e dava di testa perché c’erano solo dischi?!
ho sempre avuto dei problemi con il sonno – non sono di certo una di quelle persone che si addormenta in qualsiasi situazione e senza problemi. io ad addormentarmi ci metto sempre un po’ e devo farmi venire sonno giocando a giochi improbabili sull’ipad. quando poi mi sveglio durante la notte devo assolutamente rimanere immobile e ad occhi chiusi perché se no il sonno prende e se ne vola via, in cerca di corpi in grado di ospitarlo a quanto pare meglio di me.
quindi quando stanotte mi sono alzata a bere un bicchiere d’acqua sapevo già quale sarebbe stato il mio destino. non ho più chiuso occhio.
quando è suonata la sua sveglia dentro di me ho cominciato a fare la danza della gioia, ché non ne potevo più di stare ferma e immobile a letto a fare finta che il sonno sarebbe tornato con me sotto il piumone. l’ho abbracciato ma non mi sono alzata, anche se avrei tanto voluto. ho riflettuto sulle domande fondamentali della vita una mezz’oretta, poi mi sono arresa e io e tutto il sushi di ieri sera ci siamo fatti forza e ci siamo trascinati in cucina a bere un tè.
il mondo fuori dalla finestra non c’era più. una nebbia fitta e bassa accompagnava tutto il panorama, una di quelle nebbie che a milano non se ne vedono più e quanto mancano. ho tirato su la tapparella, ancora senza forza nelle braccia nè nelle mani e mi sono ritrovata davanti l’albero di natale.
e ho pensato che è l’ultima volta che lo facciamo qui, su questo balcone, in questo palazzo. da gennaio in poi saremo in casa nostra, una casa costruita pezzetto dopo pezzetto insieme, che sta ancora crescendo e che non vediamo l’ora di conoscere. si fa presto a dire scegli le piastrelle, quando saranno quelle che ti accompagneranno per tutta la vita. non vedo l’ora di vederle al loro posto.
e non vedo l’ora di cucinarci in quella casa, di riempirla di profumo di soffritto e castagne bollite e funghi trifolati e arrosti e formaggi.
e si, ovviamente di risotti. e di noi.
ingredienti
guanciale
scalogno
riso arborio
brodo classico
burro
grana padano
formaggella bergamasca
preparazione
ho fatto sciogliere il grasso del guanciale tagliato a tocchettini in una pentola senza altri grassi aggiunti alla quale ho aggiunto poi lo scalogno tritato molto fine. una volta imbiondito lo scalogno, ho unito il riso e l’ho fatto tostare per cinque minuti buoni, prima di procedere alla sua cottura con il brodo classico precedentemente riscaldato in un altra pentola. ancora con il riso al dente ma non troppo ho spento i fornelli e aggiunto primo il burro, poi il grana padano grattuggiato e infine mantecato con la formaggella bergamasca.