la verità è che sono una persona snob e mi capita molto spesso di storcere il naso soprattutto davanti a certi comportamenti assurdi, di cui fatico a trovare ragione.
la realtà dei campi di concentramento è una realtà che ha toccato abbastanza da vicino noi nati negli anni ottanta: mio nonno è stato imprigionato a 17 anni in un campo nel nord della polonia e quando racconta la guerra, racconta quella guerra. quella battaglia quotidiana contro il freddo e la fame, in cerca di un po’ di forza per lavorare e di un po’ di dignità per sopravvivere. e lui era solo un prigioniero di guerra, categoria che godeva di alcuni “privilegi”, soprattutto confrontata all’esperienza ebrea.
come dicevo, è una realtà che non è quindi poi così lontana da noi che siamo nati appena 40 anni dopo.
per questo (ma ovviamente non solo) mi sono stupita quando ho sentito questo dialogo fra una ragazza della mia età e la guida, mentre uscivamo da una baracca femminile in muratura all’interno di auschwitz II – birkenau:
“arrivavano molti treni qui?”
“bé, ad esempio nella primavera del ’44 circa 436.000 ebrei ungheresi in 4 mesi”
“quindi ne arrivavano quasi ogni giorno”
“eh si”
“però così tanti, potevano ribellarsi, se si fossero ribellati non sarebbe andata così.”
non è la prima volta fra l’altro che sento questa curiosa teoria. al liceo mi sono beccata una bella nota dopo aver insultato a morte una compagna che si poneva lo stesso incredibile quesito guardando il libro di storia.
ma d’altronde avrei dovuto intuire che la situazione non fosse così rosea quando, all’ingresso di auschwitz I, un ragazzo nato sicuramente nei settanta si è prodigato ad assumere le pose più incredibili solo per riuscire ad immortalare se stesso nel selfie della vita con la famosa scritta arbeicht macht frei.
oppure quando alcune persone del mio gruppo si sono letteralmente accalcate davanti alle vetrine piene di capelli, scarpe, occhiali, pettini e oggetti personali delle persone vittime delle camere a gas, per portarsi a casa la foto souvenir del giorno.
ma anche quando un signore di età compresa fra i 50 e i 60 ha chiesto se poteva camminare sul monumento internazionale memoriale alle vittime all’interno di auschwitz II – birkenau.
non lo so se questo sia un problema tutto italiano ma non credo, ho visto moltissima gente straniera farsi scattare foto davanti al portone della morte oppure sui binari che portavano all’interno del campo oppure ridere sguaiatamente nelle pause fra una visita e l’altra.
esco da queste esperienze sempre sfinita, demoralizzata, afflitta dalla pochezza che gli esseri umani si prodigano a dimostrare ai propri simili.
e finisco anche per sentirmi snob, banale, superficiale a mia volta che dedico del tempo a descrivere questa realtà.
ma ho l’impressione che per una buona parte delle persone incontrate andare in gita al complesso di auschwitz – birkenau sia alla stregua di visitare una qualsiasi altra cosa al mondo che non racchiuda in sé nessun tipo di morte gratuita e globale. un po’ come visitare il colosseo, la tour eiffel o la tower of london.
la verità è che non sembra esserci nessuna pietà.
proprio di fianco ai forni crematori distrutti dai codardi prima di evacuare birkenau ho visto un gruppo di studenti israeliani che portavano fieri la loro stella di davide svolazzante sulla schiena e pregavano, cantavano, pregavano.
sarei solo voluta andare da loro per dirgli: scusate, scusateci per tutto quello che è stato ma scusateci ancora di più per quello che nonostante tutto siamo stati in grado di diventare.
Io sono una ragazza giovane, di appena 23 anni, grazie a Dio non ho conosciuto la guerra e spero di non arrivare a conoscerla mai, ma solo leggendo il tuo articolo, le domande paralizzanti della donna alla guida, i selfie imbarazzanti dei turisti nei campi di sterminio e le allegre scampagnate tra camere a gas…sono tutte immagini che mi hanno fatto drizzare i capelli e fatto venire la pelle d’oca. Posso reputarmi come te una fiera snob. Complimenti per il post
speriamo che ce ne siano tanti in giro per il mondo di snob come noi! ti ringrazio tanto per i complimenti 🙂
… triste la tua annotazione perché se può capitare di arrivare alla visita di un luogo così famigerato con un atteggiamento poco contrito e forse persino sguaiato, dopo qualche passo all’interno ci si dovrebbe piegare davanti a espressioni così tragiche della nostra storia … aggiungerei che, poi, per costoro sopraggiungerà inevitabilmente il pentimento per aver sprecato la visita tra selfie e altre facezie al posto di aver cercato un proprio angolo dove sedersi e riflettere …
purtroppo non è per niente detto che persone che si dimostrano così superficiali arrivino a pentirsi del proprio atteggiamento! la speranza però è come sempre l’ultima a morire 🙂