roma: core de sta città

il mio rapporto con roma parte da lontano ed è molto particolare: ogni volta che torno è come se tornassi a casa, anche se casa mia purtroppo lì non è stata mai.

quando passeggio fra le sue vie e sento intorno a me la classica parlata romana sento dentro come la certezza che io fra quelle strade sarei potuta essere felice, ma molto felice.

in questi oltre dieci anni di amore sono tornata più volte e ogni volta è più bella perché mi permette di scoprire la città con sempre più lentezza, senza quella frenesia che contraddistingue sostanzialmente tutti i viaggi che facciamo perché sono in posti che non conosciamo e siamo avidi di scoprire.

soprattutto, ogni nuova volta mi permette di scoprire angoli di città che non conoscevo e mi permette di fare cose che le volte precedenti non ero riuscita a fare. fare foto che le volte precedenti non avevo avuto il tempo di scattare.

questa volta mi sono concessa un intero sabato mattina di pigro passeggio a villa borghese, fra il laghetto, il bioparco e il pincio.
sono andata per la prima volta a visitare cinecittà e mi sono anche ritrovata quasi per errore sul set di un film americano, che uscirà non ho ben capito quando e si chiamerà christ the lord.

ho finalmente visitato il macro e anche il maxxi ed entrambi non hanno per nulla deluso le mie aspettative, anzi (ma questa è un’altra storia).
ho avuto poi l’incredibile fortuna di imbattermi (per sbaglio, lo ammetto) in una meravigliosa retrospettiva su henri cartier-bresson all’ara pacis.

fra una e l’altra cosa ho anche passeggiato per la città fra un sito storico e l’altro, ma cercandoli poco, ogni volta sempre meno, provando a perdermi sbirciando la mappa solo ogni tanto. molti siti sono impacchettati per restauri, come ad esempio la fontana di trevi, che ho potuto però ammirare da solo un metro grazie alla passerella che ti porta a diretto cospetto delle statue e delle monetine che i turisti mai stanchi continuano a lanciare.

l’ho trovata più sporca. sporca e piena di turisti francesi, molto più che di qualsiasi altra nazionalità. piena anche di ragazzi palesemente in erasmus, felici nei loro costumi di halloween, con i loro cocktail in mano e le bocche piene di risate.

ho mangiato in posticini meravigliosi consigliati da amici romani e su cui mi dilungherò sicuramente in un prossimo post, perché il cibo buono tutti devono sapere dove poterlo trovare.

sono stati quattro giorni splendidi, con più di 20 gradi ahimè e un sole pieno senza mai nuvole. l’autunno era in ritardo sulla capitale e questo mi è dispiaciuto un po’. ma arriva mai, a roma? ricordo tanto caldo come anche tanto freddo ma mi mancano i tappeti di foglie e il frescolino pungente che ti fa indossare i primi piumini. e l’odore di camino? non l’ho mai sentito a roma.

c’è stato un periodo, finito il liceo, che l’ipotesi di trasferirmi a roma aveva preso una qualche forma. poi non se n’è fatto nulla e gli anni dell’università li ho passati nella mia milano, ma ancora oggi capita che mi chieda che piega avrebbe preso questa vita se avessi preso un treno per stabilirmi lì. mi immagino il mio ipotetico appartamento, addirittura il portone d’ingresso e la vietta ciottolata giù di sotto, con una drogheria o un panettiere o un piccolo bar con qualcuno da chiamare per nome.

mi immagino le amicizie, i soprannomi, la strada verso la sapienza e mi immagino l’amore troncato con l’accento sulla o.
mi immagino le gite in spiaggia sulla costa al posto delle lezioni di economia ed è capitato anche molto tempo fa che mi immaginassi un mio lucchetto, su quel ponte là, di quel film là.

roma roma roma, core de sta città, unico grande amore, de tanta e tanta gente, che fai sospirà.